NON CI PENSO PER ORA ALLA FINE DEL MONDO, non ne parlerò adesso, non subito, che comunque avverrà, anzi avviene, ma remotissima, con schianti violenti su certi fondali, o il millimetro, quel millimetro di più o di meno, d'acqua, uranio, o ghiaccio, anidride, o qualsiasi cosa, che cambia tutto, azzera infallibilmente il bosco, polverizza il sistema nervoso, annienta occhi, ali, larve, o come il godimento della luce, di quando entra di traverso, a ondate interrotte, la mattina, anche dalla finestra quadrata e piccola del bagno, se mancasse quella reazione animale, o semplicemente di foglia, quel transito vegetale al calore, ma non ci penso, per ora, all'epidemia, alla glottide che gonfia, al perimetro che smaglia dell'iride, guardo i tuoi piedi nudi, in cucina, con enorme meraviglia, mentre fissano e placano il pavimento, mentre tengono divaricato lo spazio, ancora percorribile, per qualche attimo, prima dei nuovi, ultimi crolli.
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