"Loro vedono, signori, [...] che meschini semplicioni, che inetti e ottusi borghesi siamo noi in confronto a questo geniale paranoico. Noi ce ne stiamo seduti, lui è posseduto: noi sulle esperienze degli altri, lui dalla propria esperienza. Vaga in totale solitudine, come la Terra, nel proprio universo. Lui ha il diritto d'aver paura. Impiega più acume lui per rischiare e difendere la sua strada di quanto non facciamo noi tutti assieme con la nostra. Lui crede alle illusioni dei suoi sensi, noi diffidiamo dei nostri sensi sani. I pochi credenti fra di noi si aggrappano ad esperienze che altri, migliaia di anni or sono, hanno fatto al posto loro. Noi abbiamo bisogno di visioni, di rivelazioni, di voci - fulminei accostamenti alle cose e agli uomini - e se non le troviamo in noi stessi le andiamo a cercare nella tradizione. Diventiamo credenti per povertà spirituale. Coloro che sono ancora più poveri rinunciano anche a questo. E lui? Lui è insieme Allah, profeta e musulmano. Un miracolo cessa forse d'essere tale per il solo fatto che noi gli applichiamo l'etichetta di paranoia chronica? Noi ce ne stiamo seduti sulla nostra ottusa intelligenza come gli strozzini sul loro denaro. L'intelligenza come la concepiamo noi è un malinteso. Se esiste una vita di pura spiritualità è la vita che conduce questo pazzo!"
[da Auto da fé di Elias Canetti (Adelphi), traduzione di Luciano e Bianca Zagari] |
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