Vengo qui come quasi blasfemo, come quasi a mani nude, come quasi direi semmai senza mani, in equilibrio vengo qui e mi invento:
meno male che c'è stata una sveglia e allora avevo il cuscino sulla testa e mi sembrava di essere come sotto a delle macerie di un mondo che non mi apparteneva, poi mi sono detto che invece mi apparteneva perché erano le macerie del mondo del sonno, e se appartengo a un qualche territorio, a qualche mondo, io sento di appartenere al mondo del sonno, è da lì che vengo, e sotto quelle materie ci sto comodo, come fossero macerie morbide sulle quali sdraiarsi con piacere.
Parlavo poi di inappartenza con Ilaria, inappartenenza come senso di estenuata rappresentazione del sé, che finalmente, le dicevo, grazie all'inappartenenza mi sento parte di qualcosa, e lei mi ha risposto immanenza, che si sente parte di qualcosa grazie all'immanenza, e l'ho invidiata.
Poi pensavo oggi al dimenticarsi, al non dimenticarsi, cercare di non dimenticarsi, dimenticarsi di te di me di sé.
domenica 11 ottobre 2020
Usare il blog come fosse diario praticamente vero ma non proprio diario #108
Etichette:
diario praticamente vero,
immanenza,
inappartenenza,
macerie del mondo
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento