mercoledì 25 agosto 2010

Il delirio di Tondelli

"Devi tenere duro," disse Tony, versando altro vino. Erano alla terza bottiglia. Ognuno parlava per conto suo. Ognuno procedeva per i fatti propri. "Noi vogliamo i soldi. E qui, adesso, i soldi ci sono solamente per i portaborse di qualche politico o il leccaculo di qualche assessore. Hanno preso tutto, sono dappertutto! O accetti di dipendere da uno striminzito finanziamento di un tizio che un giorno è assessore alla cultura e il giorno dopo ai macelli pubblici, o accetti di fare professione di fede di qualche partito o sei tagliato fuori. A meno che tu non voglia fare del comico da borgata o da quartiere: due pernacchie, qualche modo dialettale, personaggi grulli e rimbambiti che non leggono, non pensano, non si tengono informati, non sanno quello che succede un po' più in là del loro naso. Ecco cos'è il cinema italiano. È semplicissimo. È solo questo. E allora, se tu sei tagliato fuori come lo siamo tu e io; se non ti va di abbruttirti in sceneggiature pecorecce; se non ti va di trattare gente il cui mestiere è unicamente quello di garantire agli altri la libertà di fare un mestiere e non dirigerlo, approvarlo, tagliarlo, censurarlo, allora non ti resta che una sola strada. Delirare. E augurarti che il tuo delirio scuota quello di altra gente trovi delle risonanze per diventare un progetto. Questo è quello che noi stiamo facendo. Dovremo soltanto, d'ora in avanti, gridare più forte... E tu, Robby, sputerai le tue corde vocali con me."

Da "Rimini" di Pier Vittorio PV Tondelli

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