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Tutt'un susseguirsi di intenzioni e involontarietà che vanno al di là delle nostre ambizioni - scrivo al plurale perché mi viene - pensavo all'immanente e allo scontro tra immortale ed effimero, pensavo all'incompletezza strutturale dell'opera d'arte, e al linguaggio che anela ma non arriva mai, che descrive senza raccogliere pienamente ciò che vuole descrivere, pensavo al grande tema dello scrivere per vedere cosa si scriverebbe e quindi alla propria interiore macchina dello stupore da tenere sempre alimentata, al gesto, pensavo, al lato fisico della scrittura, al sudore delle dita estenuate sulla tastiera e poi pensavo al social network piccolo che abbiamo creato alla
Galleria Lazzaro, un social network circoscritto, limitato a pochi, un social network ultralocalizzato; pensavo che non ho smesso di fumare ma anzi ho aumentato (questo non c'entra) e poi al pubblico silenzioso fatto di corpi che diventano corpo unico, pensavo, e a questo respiro che dà ritmo, questo pubblico che interviene inconsapevolmente, inevitabilmente interviene anche soltanto respirando e creando quindi un corpo ulteriore, questo pubblico, e mi viene in mente quando prima di andare a dormire, nella notte tra il sabato e la domenica, ogni mio pensiero veniva tradotto di lettera in lettera, traslato sugli spazi del computer seguendo le geografie della tastiera, questo è stato preoccupante, poi mi sono addormentato e i sogni non ricordo come sono andati
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