Lo squallore della morale (lettera della redazione - anticipazione di Banlieue 10)
In quest’anno che si sta per spegnere si è fatto un gran parlare attorno alla questione dell’etica della politica, e dell’etica pubblica dunque.
Centinaia, se non migliaia, di cittadini e cittadine indignati dalla condotta immorale del nostro presidente; la stampa ossessionata dal caso Marrazzo prima, dagli scandali vacanzieri di tangenti e malapolitica poi (Penati e Milanese in testa).
Tutti a lagnarsi perché il potere è marcio, perché così proprio non ci si può comportare, perché solo in Italia (vedi il paladino Fabri Fibra)...
Non sono, non siamo d’accordo. Noi di Banlieue non ci aggreghiamo al codazzo della pubblica indignazione. Perché poi? Perché qualcuno va a puttane: e cosa esisterebbero a fare altrimenti?
Lo scandalo vero è che ancora oggi, a fronte di migliaia di anni di umanità e cultura, ci si indigni.
L’indignazione è per gli stupidi e per gli invidiosi. I primi non possono conoscere cosa sia vivere e dunque protestano, i secondi (ancor più sfortunati) sanno la teoria ma non possono la pratica. L'indignazione è per gli inadeguati.
Lo scandalo sta nel fatto che ancora oggi la maggioranza di noi insegua una morale imposta, un’etica pubblica e privata volgare che ha come unico fine castrarci, tenerci accucciati come cani da salotto.
Non che esistano una morale o un’etica giuste o buone di per sé, ogni tipo di condotta auspicabile, è odiosa e primitiva.
Vivere significa osare, non osservare le regole, ignorare il rispetto per il prossimo.
Il mesto popolino invidia il tiranno che tira di bamba e gioca al dottore con fighe strapagate, che copre d'oro minorenni in cambio dei loro corpi ancora un po' acerbi. Ma è solo invidia appunto. La vecchia storia della volpe e dell’uva.
Comportarsi seguendo un’etica privata è squallido e penoso.
Pretendere d’imporre un’etica pubblica è violento. È terrorismo contro la vita.
Il sogno di ogni disabile fisico in carrozzella è quello di far sentire in colpa tutti gli altri in grado di camminare e ballare, è quello d’imporre una regola comune (un’etica appunto) generata dalla propria impotenza che costringa tutti a vergognarsi per un semplice salsa e merengue.
Io dico: balliamo, balliamo in faccia agli handicappati censori della vita.
Chi non può permettersi di pagare dieci ragazze per dormirci assieme nel lettone, chi non ha il coraggio di farsi trapiantare i capelli, chi non ha le palle di riempirsi di coca e poi farsi sodomizzare da un brasiliano senza permesso di soggiorno, vivere l'ebbrezza di guidare a 100 all'ora contromano con una troia sul sedile posteriore o evadere abilmente onerosi balzelli... che crepi soffocato dalla sua invidia.
Noi la casa di Batman a venti minuti in macchina da Porta Venezia l’abbiamo sempre sognata, ma di fronte all’eventualità di una vita che non ce lo permette, non ci lamentiamo, non lanciamo j’accuse tristi e incomprensibili, non manifestiamo a suon di bonghi e di clavette; ci accontentiamo di un costumino da Robin.
Tutto sta nell’ingegnarsi ad accrescere a dismisura il valore di quel metaforico costumino da spalla omosessuale latente che ci ritroviamo indosso.
L’amore per il prossimo non significa sognare di plasmarlo a nostra immagine e somiglianza. Questo significherebbe imporre le nostre deficienze e i nostri limiti d’immaginazione a qualcun altro, a un bimbo magari, significherebbe non permettergli di sognare il potere, di aspirare ad una vita perfetta, da raggiungere senza alcuno sforzo, solo col coraggio di seguire sé stessi e il proprio istinto sadico.
Ci fanno schifo quei vecchi bavosi che scrivono sui giornali come ci si dovrebbe comportare, loro che non possono permettersi molto di più che cagarsi addosso e ammorbarci coi ricordi della guerra. Ci riferiamo ad Eugenio Scalfari, così, per fare un nome. Ci fanno schifo anche tutti quei cosiddetti cittadini civili, che di giorno sono costretti a spalare la merda e la notte sognano di diventare supereroi della società civile, e scrivono lunghe lettere di indignazione per questa Italia in mano ai corrotti e ai prepotenti.
E ci fanno tristezza invece, quei giovani belli e fragili, che inseguono inconsapevoli l’imbruttimento dei loro animi ardimentosi, che fuggono dalla bellezza dei propri corpi, cercando un assoluto che già possiedono in realtà, rinunciando al potere, agli abusi e ad ogni tipo di soddisfazione che potrebbero ottenere dal compimento pieno di loro stessi.
Essi sfuggono al loro naturale e sano desiderio di potere.
Sapiens: che crede di sapere, ma non sa.
Questo è un uomo debole, destinato al fallimento o alla frustrazione. Ci auguriamo che finisca. O sia finito, da altri. Noi di Banlieue continuiamo ad operarci per il superamento dell'uomo che si autolimita con l'etica.
Quando gli abusi di potere, la corruzione e l’accesso alla felicità definitiva per mezzo del denaro e dell'abuso senza sensi di colpa saranno guardati non con meschino sdegno, ma con la gioia del fanciullo di fronte all’esempio del maestro virtuoso, in quel momento potremo dire ECCE HOMO.
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