domenica 1 agosto 2010

E' da appena un minuto che ho deciso di essere un ponte

E' da appena un minuto che ho deciso di essere un ponte
Mentre muovo la mano in fondo alla gola tropicale di questa estate penso agli innumerevoli imperi che sono stati fondati e che cadranno sulla sottile perversione di una caviglia, alla smisurata distanza che copre una mente, un cuore, e un sesso.

Appesa al muro una stampa ritraente un mercato, alle mie spalle smarrita lungo il corridoio del tempo quella ragazza attraente non considerata nella velocità acrobatica del sentimento, musicata dalla calligrafia storpia del mio essere assente, del mio considerare pentagramma l’accaduto, e note stecchite - senza proprietà - il presente.

E queste mie due mani mercenarie barattate per una copertura di palpebre, questa mente donata ai numeri, quando sarebbe stata predisposta all’aria aperta, altro che pareti bianche, altro che stipendi: per una vita affittata quale commissione credevo di ricevere in cambio?
Mi hanno dato un gambo di rose, mi hanno detto non si preoccupi di niente, è tutto già pagato, si accontenti del suo minuto alla caffeina, e comprenda che ogni piega, con la giusta pazienza, si può appianare, e non badi alle spine, sono comprese nel prezzo.
Così mi sono costruito un sorriso, prendendo le misure delle mie ossa, e mi sono ripetuto lo stesso giorno nella mente come un ritornello, cambiando solo mezzo di trasporto.

È da appena un minuto che ho deciso di essere un ponte, coi piedi ben piantati nel mio passato di riassunti, e le mani protese verso un futuro di nuvole, deciso a far collimare le sovrastrutture in cui mi muovo diviso, come fossi parti diseguali di un essere montato male.
Riuscire a far combaciare pentagramma e note e musicista, e rendermi conto che si è tutti in una sola stanza, che è adesso.

Mi dedicherò alla poesia, schiaccerò gli attimi con le unghie come si potrebbe fare coi pidocchi, sarò umile ed enciclopedico, sarò minuzioso nella scelta delle direzioni da osservare, entrerò dentro di me con la disinvoltura e la curiosità in cui si entra nella stanza di un estraneo sicuri della sua assenza.
Mentre muovo la mano in fondo alla gola tropicale di questa estate penso agli imperi che farò sorgere dalla vacuità di una porta spalancata, sarò ponte fra la smisurata distanza che copre il pensiero, il sentimento e il piacere, elevandomi da una condizione miserevole con la stessa semplicità con cui ci si alza tutte le mattine: e lo sforzo acquista un tensione propria e una pacifica valenza nel momento esatto in cui il gesto si compie.


Scritto e fotografato da Alessandro Ansuini (2000? 2001? quegli anni lì)


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