venerdì 1 gennaio 2010

Questo Arminio Franco nato a Bisaccia, nell'Irpinia d'Oriente.

Questo scrittore è Franco Arminio, uno di Avellino a quanto pare, no anzi c'è scritto dietro al libro, Bisaccia.
Questo libro s'intitola "Nevica e ho le prove", Editori Laterza: a volte poesia, altre volte meglio non leggerlo e altre volte proprio divertente.
Questo post è venuto in mente perché un tempo conoscevamo uno così paranoico che prima di bere un bicchiere d'acqua del rubinetto, lavava il bicchiere e lavava il rubinetto.
Avrebbe lavato anche l'acqua se avesse trovato dell'acqua già lavata con cui lavare l'acqua.

PROSA DEL QUATTRO SETTEMBRE. (è il titolo del capitolo)

Io sono un ipocondriaco, hypocondria maior, una forma di psicosi che consiste in una continua osservazione del proprio corpo, conclave di sintomi minacciosi e mutevoli, segni di una fine che s'immagina prossima.
L'ipocondriaco sente che avere il corpo malato fa sentire quanto ci sia estraneo: noi apparteniamo al nostro corpo ma esso non ci appartiene. Allora ecco che diventiamo spioni, voyeur di noi stessi, alla ricerca del traffico losco che il nostro corpo intrattiene coi demoni. Dentro di noi c'è un sabotaggio e chi ne avverte lucidamente la presenza non può lasciarsi andare proprio a niente, né alle donne, né al mondo. Si sta sotto il fuoco di un cecchino che non spara, prende solo la mira.
Noi siamo i coloni del nostro corpo e quando raccogliamo qualcosa abbiamo sempre il sospetto che non siano frutti da mangiare, ma semi per fare altri raccolti. Questo pensiero non mi convince ma ormai la frase è fatta.
Noi siamo traslocatori: porto in me le tue parole, porto in te le mie, e così gli sguardi, i sentimenti e tutto il resto. Qui rischio di perdermi e mi fermo. Comincio ad avere un poco d'ansia. Vado a fare un pedalata.
La vita l'ho lasciata da ragazzo, l'ho lasciata quando ci potevo entrare, ho scelto lentamente un'altra strada e ora sono qui a dire che non ho nessuno intorno, nessuno che delira insieme a me.
Lo avevo chiesto alle donne. Avevo una foga certe volte nel vagheggiare un rapporto che andasse oltre il corpo, oltre il cuore. Non hanno risposto.
Nessuno ha colpa, loro hanno altre vite, altri corpi. Le donne e gli uomini non sanno nulla oltre la briciola del mondo.
Un minuto acceso che accende tutti gli altri minuti, io sto in un fuoco, la mente è una vampa, nessuno mi vede per quel che sono, una striscia, una striscia di fuoco.
Comunque il mio problema è la paura di morire, e questa idea che il mio corpo possa cedere da un momento all'altro, come se io fossi una torre colpita da un aereo.
Adesso cado nelle frasi.
Ora non so dove andare con queste parole, io sono un gruppo di cani con la lingua fuori. Il foglio è la campagna.

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