giovedì 15 ottobre 2020

Marina Cvetaeva, sulla verità dei poeti

La verità dei poeti è la più invincibile, la più inafferrabile, la più indimostrabile e insieme convincente, una verità che vive in noi solo nell'istantaneo – e pesto – buio della percezione (che cosa è stato?) e che resta in noi come traccia di una luce o di una perdita (ma è veramente stato?). Una verità irresponsabile e priva di conseguenze, una verità che – Dio ci scampi! - non bisogna neanche cercare di inseguire, giacché anche per i poeti essa è senza ritorno. (La verità del poeta è un sentiero dove spesso le tracce vengono subito nascoste dal verde. Non lascerebbe tracce- e conseguenze – neanche lui, se potesse camminare dietro a se stesso). Egli non sa che dirà e spesso non sa neanche cosa dice. Non lo sa finché non lo dice e subito dopo averlo detto lo ha già dimenticato. Non è una tra le innumerevoli verità, ma uno degli aspetti di lei che si annullano a vicenda appena vengono confrontati.

Da (Il poeta e il tempo, Adelphi 1984, trad. Serena Vitale)

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