venerdì 26 dicembre 2014

Gli schiavi per Camus

  Bella casa, vero? Le due teste che vede lassù, sono di due schiavi negri. Un'insegna. La casa apparteneva a un commerciante di schiavi. Ah! si giocava a carte scoperte, a quei tempi! Le cose si prendevano di petto, si diceva: "Ecco, questa è casa mia, commercio in schiavi, vendo carne nera." Lei s'immagina qualcuno oggi annunciare pubblicamente che fa un mestiere simile? Che scandalo! Li sento di qui i miei colleghi parigini. Perché su questo argomento sono irriducibili, non esiterebbero a lanciare due o tre manifesti, forse anche più! Pensandoci bene, metterei anch'io la mia firma sotto la loro. La schiavitù, ah, no, siamo contro! Essere obbligati a impiantarla a casa propria o nelle fabbriche, bene, è nell'ordine delle cose, ma vantarsene è il colmo.
   Lo so che non si può fare a meno di dominare o di essere serviti. Ognuno ha bisogno di schiavi come di aria pura. Comandare è respirare, anche lei la pensa così' Persino i più diseredati riescono a respirare. L'ultimo nella scala sociale ha ancora il coniuge o il figlio. E se è celibe, un cane. L'essenziale, insomma, è poter andare in collera senza che l'altro abbia diritto di rispondere. "Non si risponde al proprio padre", lei conosce la formula? In certo senso è singolare. A chi si risponderebbe a questo mondo se non a chi si ama? Per altro verso, è convincente. Bisogna pure che qualcuno parli per ultimo. Altrimenti a ogni ragione se ne può opporre un'altra: non si finirebbe più. Invece, il potere tronca tutto. Ci abbiamo impiegato un po' di tempo ma finalmente l'abbiamo capita. Per esempio, avrà notato, la nostra vecchia Europa filosofa finalmente nel modo giusto. Non diciamo più come gli ingenui d'un tempo: "Io la penso così. Quali sono le vostre obiezioni?" Siamo diventati lucidi. Al dialogo abbiamo sostituito il comunicato. "Questa è la verità. Potete sempre discuterla, la cosa non ci interessa, ma fra qualche anno sarà la polizia a dimostrarvi che ho ragione io."
  Ah! Che caro pianeta! Tutto è chiaro adesso. Ci conosciamo, sappiamo di che siamo capaci. Guardi, per cambiare esempio se non argomento, io ho sempre voluto essere servito con un sorriso. Se la domestica aveva l'aria triste, mi avvelenava la giornata. Certo, aveva diritto di non essere allegra, ma fra me e me dicevo che era meglio per lei fare il suo lavoro ridendo piuttosto che piangendo. In realtà, era meglio per me. Però, senza volermi insuperbire, il mio ragionamento non era completamente stupido Perciò rifiutavo sempre di mangiare nei ristoranti cinesi. Perché? Perché gli Asiatici, quando tacciono e davanti ai bianchi, hanno spesso un'aria sprezzante. Naturalmente quell'aria la conservano servendo! E allora, come godersi il pollo laccato e soprattutto come pensare, guardandoli, che si ha ragione?


   Resti fra noi: la servitù, preferibilmente sorridente, è inevitabile. Ma non dobbiamo ammetterlo. Chi non può fare a meno d'aver schiavi, non è meglio che li chiami uomini liberi? Intanto per principio, e poi per non togliere la speranza. È una compensazione dovuta, non le pare? Così continueranno a sorridere e noi conserveremo la coscienza tranquilla. Altrimenti saremmo costretti a ricrederci su noi stessi, impazziremmo dal dolore, o magari diventeremmo modesti, c'è da temere qualsiasi cosa. Perciò niente insegne, e quella lassù è scandalosa. D'altronde, se tutti confessassero o ostentassero il loro vero mestiere, la loro identità, non si saprebbe più dove battere il capo! Immagini dei biglietti da visita: Dupont, filosofo pauroso, o proprietario cristiano, o umanista adultero, c'è davvero una bella scelta. Ma sarebbe un inferno! Sì, l'inferno dev'essere così: strade con insegne e non c'è modo di dar spiegazioni. Si è classificati una volta per tutte.

Da "La caduta", Albert Camus, 1956
Io ho un Bompiani tradotto da Sergio Morando e regalatomi da Andrea

Nessun commento:

Posta un commento