giovedì 12 marzo 2020

Usare il blog come fosse un diario praticamente vero #4

Ecco, ieri ero talmente soddisfatto di aver finito di scrivere quella cosa riguardante i sogni che dovevo scrivere che così ho deciso di non scrivere quella cosa che dovevo scrivere riguardante la mia vita quotidiana in forma di diario qui sopra e quindi hogià saltato il primo terzo giorno (ieri) di scrittura diaria di blog e quindi mi sento più libero nella mia indisciplina.
Una delle parole chiave della mia formazione è di recente stata interindisciplinarietà. Solo che quando la dico tutti pensano di aver capito interdisciplinarietà, senza quell'in che rende giustizia all'indisciplina dell'interindisciplinarietà.
Eppure l'indisciplina se ne frega della giustizia e tantomeno dell'ingiustizia.
Stavo leggendo un libro e m'è venuto in mente che ne stavo leggendo anche un altro, e anche un altro, e non si può andare avanti così leggendo: un viaggio in italia di Ceronetti, le poesie pazze di Pessoa nei campi e nella natura, Bianciardi che mi ha già ssnervato con il suo lessico interdialettale de Aprire il fuoco (nemmeno queesta volta arriverò nemmanco alla cinquantina di pagine su questo di bianciar), Italo Calvino con le lezioni americane che sempre un pezzetto è giust leggerlo, Malerba con Mozziconi in quest'edizione Quodlibet che tanto mi pace leggere, Carlo Bordini e Luigi Socci insieme in coppia de buona poesia e ancora qualcosa stavo leggendo ma non ricordo cossa perché mentre stavo leggendo un libro mi sono accorto che ne stavo leggendo anche un altro e poi adesso mi viene in mente quello che dice Roland Barthes in un altro libro raccolta di articoli vari che si chiama la scrittura impossibile e che parla anche di lettura, Bartes, che la lettura è sempre interrotta dai pensieri, e ogni lettura è sempre diversa anche nelle diverse fasi della vita perché interrotta dai diversi pensieri delle diverse fasi della vita.
Ceronetti hoo deciso che mi può stare antipatico eppure dalle prime pagine m'è già venuto da prendere appunti su tutto il benaltro che può venire fuori da una lettura di così buon gusto.
C'è anche Thoureau che leggo dalla traduzione e selezione di Maraschi. Soono i diari di Thoureau e abbiamo discussso con Maraschi su come sarebbe ben ben da pronunciare il suo cognome e io penso allora sia meglio chiamarlo Henry, ma alla francese o come Ford o come Miller Henry?
Credo di essere a posto come diario oggi, mi piace scrivere qui come se nessuno se en accorgesse, questa idea di finestra spalancata sul mondo ma con un muro subito davanti alla finestra e il mondo è un muro, un wall, e io scrivo e mi sento in un ricchissimo e gaudente anonimato in cui l'unica censura è la mia in cui in effetti non dico niente del mio modo di essere vincitore o perdente o esoscheletro vuoto di riccio di mare.

Ah, mi sono dimenticato di dire che non ha senso leggere tutte quelle cose là sopra contemporaneamente, non ha senso, è meglio leggerne una due tre, non quattro cinque sei alla volta, ecco, anche Hnery Miller leggo, Una tortura deliziosa, i suoi scritti riguardanti la sua scrittura, molto interessant.
E i diari, ecco, i diari degli altri, Kafka, Woolf e altri diari stavo leggendo, ah, sì, Thoreau.
Ma non dobbiamo occuparci di questo adesso

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